Descrizione
Cattiva e spregiudicata, questa biografia «francese» di D’Annunzio è scritta da un personaggio che gli assomiglia e che si dimostra alla sua altezza: coltissimo, brillante, volubile e salottiero, Philippe Jullian fu infaticabile nella caccia ai più azzimati artisti dell’Europa fin de siècle, da Oscar Wilde a Montesquieu, senza tralasciare Jean Lorrain, i simbolisti e Sara Bernhardt.
Il libro che nasce dall’incontro di questi fattori risulta una tessitura fittissima e infuocata di aneddoti, notizie inedite, confidenze di prima mano, pettegolezzi al vetriolo, citazioni, lettere, memorie di illustri ignoti naufragati nel gorgo del Vate. E ancora: brani di romanzi, appunti, diari, poesie, epistole.
Jullian modella con mano felicissima la statua così poco barocca di quest’uomo che suscitò furibonde passioni, dalla contessa Anguissola che lo accoglieva a colpi di pistola dall’alto delle scale quando tornava esausto dalle «inimitabili» avventure ancillari, alla Duse che gli gettava nel letto, gelosa e masochista, la povera Madame Romains. Per tacere di Mussolini il quale, secondo la testimonianza dell’infermiera che gli comunicò telefonicamente la ferale notizia, proruppe in un urlo di trionfo all’idea di essersi liberato del poderoso rivale in demagogia spicciola.
La lettura di questa biografia diverte, sconcerta e, infine, commuove. Placato il brusio di tante voci, finita la musica di una lingua e di una vita «inimitabili» (ma molto imitate), sparite le creature «dai visi di luce», inghiottito nel passato l’orripilante show dei sanfranceschi, dei michelangeli, degli inauditi calchi che diventavano motti e dei motti che si facevano tappezzeria, resta l’immagine di un artista che, con tutte le sue rutilanti sfaccettature, seppe genialmente soffocare per mezzo secolo lo spettro del Realismo.