Descrizione
Cosa significa, oggi, rimanere a vivere nei paesi dell’Appennino centrale? Chi è che ha scelto di ritornare e perché lo ha fatto? C’è ancora tempo e modo di provare a immaginarsi una rinascita di luoghi che la società e la politica non considerano più prioritari nella propria agenda?
A queste e ad altre domande prova a rispondersi da tempo Savino Monterisi, che dopo Cronache della restanza torna a interrogarsi tra queste pagine, iniziando una nuova ricerca emozionale sulle orme dei sentieri di montagna e tra i vicoli dei piccoli centri dell’Abruzzo montano.
In ogni pagina, e in ogni passo del suo racconto in cammino, si accompagnano così nuove istanze e vecchie conoscenze del territorio; “ritornanti” e comunità resistenti che non si sono mai arrese allo spopolamento, anziani di cui è fondamentale mantenere viva la memoria e giovani che hanno deciso di investire in nuove imprese agricole o nella ricezione turistica.
Infinito restare è un viaggio alla scoperta del non conosciuto a portata di mano. Un “oggetto narrativo non identificato” in cui saggistica, reportage e narrazioni si intrecciano e si rincorrono permettendo all’autore di calare nella propria dimensione locale il concetto di “Restanza” sviluppato dall’antropologo calabrese Vito Teti; per far (ri)scoprire il territorio e per farlo (ri)conoscere osservandolo da una nuova prospettiva.
– INFINITO RESTARE è insieme cammino e racconto quasi che questi due movimenti, fisici e mentali, siano divenuti – nel corso del viaggio di Savino Monterisi sull’Appennino abruzzese – intercambiabili. Passi in salita col sole che illumina case e campi, le dita dei piedi addormentate per il freddo, la fame che morde «ma nonostante questo – confessa l’autore – sento uno stranissimo senso di rilassatezza come se mi si fossero aperti tutti i chakra, come se Facebook fosse andato in crash per una settimana, come se qualcuno avesse spalancato la valvola delle endorfine che ho dentro, come se da Whatsapp fosse sparita di colpo la possibilità di inviare vocali, come la pace dopo una guerra. Un respiro profondo e via, si riparte». I tempi sono rimescolati, in questo stralcio iniziale di cammino-racconto, l’ossessione del presente in cui tutti viviamo si muta in senso di pace se immersi nello spettacolo che sta fuori dal tempo, per lo meno il tempo degli uomini. Cammina esausto l’io narrante e si chiede: «Perché lo faccio?». Per questa stanchezza e questa «felicità di cose vaste». –
Antonella Tarpino