Descrizione
Dall’incontro con un guaritore yoruba, Akomolafe riscopre il nesso magico e familiare con la terra e la polvere del mondo, che diventa parte della sua ricerca di una ?casa? per le generazioni future. Le sue riflessioni spaziano dalla trans-razzialità alla crisi climatica, l’epigenetica, la decolonizzazione, il femminismo. Ispirandosi alle cosmologie indigene, ci offre la visione di un mondo queer, irrimediabilmente ibrido, promiscuo e vivo. Un mondo che è un groviglio di flussi incessanti e in divenire, dove inventare un diverso rapporto con il pianeta, il tempo, il potere.
E ancora, nel testo che si dipana in forma di lettere indirizzate alla figlia Alethea di tre anni (perché possa leggerle quando sarà adulta), Bayo individua tra ascendenza e discendenza un legame forte e indissolubile di presenze: l’intreccio delle vicende familiari e il padre, seppure morto in circostanze drammatiche, percorrono l’intera narrazione rendendola universale.
La scrittura di Bayo Akomolafe è peculiare e avvolgente, e aderisce a una forma di scrittura che Donna Haraway definisce ?affabulazione riflessiva?. Il suo riferimento è la fantascienza di Ursula K. Le Guin più che la saggistica classica, perché è la dimensione narrativa ad animare un rapporto immaginativo con il mondo.