Descrizione
Alberto Durante è ormai grande abbastanza quando inizia a fare i conti con una malattia subdola e con la vita che, seppur gentilmente, gli chiede indietro, pezzo per pezzo, tutto quello che s’è guadagnato. Diventa grande nel suo paese piccolo, Alberto. Lo fa balbettando, nel continuo confronto col fratello minore, si rifugia nelle parole, nei libri di Anna e nei suoi occhi grandi. Ha la strada segnata dal padre capomastro, ma se ne allontana per trovare sé stesso e per diventare uno dei tanti ferrovieri emigrati nella grande città, testimone e protagonista di un’Italia che cambia marcia nel dopoguerra. Costretto a tornare al paese, ecco il valzer delle badanti che non stanno dietro alla sua voglia di camminare, i libri in cui il filo si perde, gli inciampi, i sussulti e la leggerezza di un passato che è sempre presente. In tutta questa confusione, combatte a colpi di passi la condanna del dimenticare. S’aggrappa alle emozioni della sua storia, che rivive tutta nell’arco di ventiquattr’ore. E si sente ancora vivo, in questo giorno che sarebbe un peccato non raccontare.
Stefano Mariantoni scrive un breve romanzo toccante e delicato, utilizzando, come pochi sanno fare, una prosa che di continuo strizza l’occhio alle forme più alte di poesia.
“Alla fine qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure della vita di Alberto, protagonista del libro di Stefano Mariantoni. Il titolo, secco e pregnante, allude al poco che resta impresso nella mente di un malato di Alzheimer, la cui memoria si snoda sui binari di un eterno partire e tornare. Quel che rimane scolpito nel lettore è invece tutta l’opera in cui storia personale e storia pubblica si intrecciano profondamente. Una doppia storia caratterizzata dalla pietas dell’autore, a sottolineare che basta una scintilla per dare un senso alla vita e che questa vita, come quella di ogni persona che vive un disagio, ci riguarda tutti, nessuno escluso.” A. F.