Descrizione
Negli anni più cruciali del Risorgimento (1859-’60-’61) si collocano le vicende storiche dell’assedio della fortezza di Civitella del Tronto e del brigantaggio legittimista teramano-ascolano. Proprio a Civitella del Tronto si consumò definitivamente, con la resa della fortezza il 20 marzo 1861, l’agonia del Regno delle Due Sicilie, pochi giorni dopo la proclamazione del nuovo Regno d’Italia. Il brigantaggio legittimista, che si propagò rapidamente dall’area teramana a tutto il Mezzogiorno, rappresentò un pericolo tanto grave per la sopravvivenza del nuovo regno che i governi della Destra Storica dislocarono nel Sud i due quinti dell’esercito italiano, allo scopo di reprimere i circa 80.000 briganti organizzati in quasi 500 bande. Si trattò di una guerra civile rusticana e terribile, che opponeva da un lato la guerriglia dei briganti, spesso supportata dalla popolazione, dall’altro la guerra senza quartiere dell’esercito regolare e delle guardie nazionali, attuata senza alcun rispetto dei principi dello Statuto Albertino.
Nell’area teramana e ascolana i soldati del generale Pinelli devastarono, saccheggiarono e incendiarono decine di villaggi, uccidendo spesso indiscriminatamente briganti, civili ed esponenti del clero. La mattanza toccò l’acme nel mese di agosto del 1861, quando furono ammazzate nel teramano 526 persone.
I maggiori esponenti della guerriglia legittimista furono Bernardo Stramenga e Giovanni Piccioni: di essi abbiamo ricostruito la vicenda biografica e umana, attraverso gli ideali che li animarono, i successi, le sconfitte e le sofferenze personali e familiari che li accompagnarono per tutta la vita, quasi metafora della sofferenza e della sconfitta del Sud con l’avvio della tuttora irrisolta questione meridionale.